Stella che vai, pianeta che trovi! (e anche altro!)

La sonda GAIA sta continuando il suo lavoro di mappatura dell’universo. Con Marco Castellani facciamo il punto della situazione, tra stelle, galassie, pianeti, asteroidi ecc.

Cari amici del blog la “fornace di Daniele” eccoci ad una nuova intervista, che ci porta indietro nel tempo ad una vecchia conoscenza, _castellaniMarco Castellani, astronomo di Roma, scrittore di seconda professione, che aveva già scritto per noi riguardo al progetto GAIA, una sonda in orbita nei dintorni spaziali terrestri a mappare tutte le stelle, tutte forse no… ma senza esagerare potremmo dire un miliardo circa (ovvero circa l’uno per cento della popolazione totale della Galassia).

Dunque Marco entriamo subito in medias res, come sta procedendo GAIA rispetto alla tabella di marcia che vi eravate prefissi?

Caro Marco, intanto grazie per aver deciso di ospitarmi ancora tra le tue pagine. E grazie anticipato a chi ci vorrà leggere! In effetti il momento è quello giusto, probabilmente, per tornare a parlare di Gaia, questo infaticabile satellite che ormai da quasi un lustro sta pazientemente scansionando l’intera Galassia, memorizzando e inviando a Terra una quantità di dati preziosissimi e – c’è da giurarci – unici, per la comprensione della Via Lattea e dunque della nostra parte di universo.

sonda_gaia

Di recente, sono stato ad un convegno generale del team GAIA che si è tenuto nella amena località di Sitges (in Spagna), a qualche mese di distanza dall’uscita dei primi cataloghi, dove ho registrato con piacere il clima di ragionevole soddisfazione che è maturato in seguito all’utilizzo dei primissimi – peraltro molto parziali – dati del satellite. Marco, ti confido che, con ogni evidenza, siamo appena all’inizio di una storia lunga e promettente: una storia che sarà impreziosita da alcune “tappe” importanti, corrispondenti all’apertura al pubblico di diverse versioni del catalogo, in una progressione che ci porterà probabilmente oltre il 2020. Certo l’emozione dell’apertura del “primo catalogo” è stata forte, per gli scienziati. Sebbene il campione di stelle messe a disposizione in questa prima “uscita” è appena un assaggio di quanto avremo più avanti, nondimeno la mole di articoli scientifici prodotti con questi primi dati, queste “primizie”, è stata impressionante. Ma è appena una tappa iniziale di un cammino, grazie al cielo, ancora molto lungo e… decisamente promettente!

Siamo oramai abituati ad Hubble e a scenari spettacolari… ci chiediamo quante fotografie ha scattato GAIA? Si può vedere qualche bella immagine che ci dia l’idea del lavoro fatto?

 Ebbene, dobbiamo dire che di dati, GAIA ne ha già presi veramente tanti. E tantissime le stelle che ha “acchiappato” da quanto ha aperto per la prima volta i suoi occhi sull’universo. In questo è fortemente facilitata dalla sua specifica modalità di funzionamento, per la quale non acquisisce fotografie di un campo definito o di “bersagli” evidenziati in precedenza, magari in base ad un dato catalogo (come molto spesso avviene, anche per le moderne missioni). Al contrario, è progettata per acquisire dati in modo continuativo, mentre la sonda ruota su sé stessa e percorre una orbita molto particolare, progettata proprio al fine di restituirci la conoscenza di una fetta di Via Lattea più grande e precisa possibile. In questo modo potremo avere una buona mappatura del cielo, con oggetti stellari misurati più e più volte, a seconda della posizione: a tutto vantaggio della precisione dei dati e dell’affidabilità complessiva del progetto. Ma più di tante parole, ci può aiutare qui una sola immagine. Immagine che non a caso rappresenta il “simbolo” del primo rilascio dei dati GAIA (la famosa DR1, Data Release 1)

gaia_all

La cosa interessante è che quel che qui si potrebbe (a buon diritto) scambiare per la bella foto di un “semplice” cielo stellato, è invece una immagine composta realizzata con la posizione delle stelle del catalogo, insieme con la loro magnitudine (a cui è associata la grandezza del “punto” che rappresenta la stella). E’ dunque una foto, sì, ma di un catalogo, e non direttamente del cielo. Ed a pensarci bene, il fatto che ci si confonde, ci dice molte cose sulla estensione e sulla completezza di questo catalogo! Che poi, non ci dimentichiamo, è appena il primo di una serie. Qui ci sono “appena” due milioni di stelle, mentre il catalogo finale – se tutto va come deve andare – supererà il miliardo di oggetti.

La specifica modalità di acquisizione dei dati, cui ho accennato, non può essere qui spiegato in tutto il dettaglio, ma per chi fosse interessato, segnalo che si trovano in rete ottimi filmati che mostrano in modo molto chiaro il modo in cui GAIA “ruba” la luce delle stelle, e ce la porta a Terra. Oppure, anche, come riesce a calcolare esattamente le “parallassi” stellari e da queste risalire alla distanza, in maniera straordinariamente precisa.

Dunque i dati di Gaia pur non essendo ancora definitivi, hanno influito e aiutato altre missioni spaziali o altri studi scientifici in genere. Qui mi riferisco alle occultazioni stellari da parte di oggetti del sistema solare che permettono, con osservazioni da Terra, di ottenere preziosi dati di fenomeni transienti: studiare le atmosfere di Tritone e Plutone ad esempio. Ecco, questa mi sembra una novità di cui non era stata fatta menzione nella prima intervista, sembra un nuovo modo per fare scienza. Dicci qualcosa di più, magari.

 Hai proprio ragione, e mi complimento per la tua ampiezza di vedute. Hai colto bene questo “nuovo modo di fare scienza”, che oggi peraltro è sempre più attuale. Potremmo dire che è sempre più facile – e forse necessario – intrecciare in modo “virtuoso” i dati che provengono dalle diverse missioni spaziali, proprio per farli fruttare al meglio: per estrarre la quantità maggiore possibile di informazioni significative, è necessario correlare i dati di varia provenienza, e farlo con criterio. Di fatto, GAIA ci fornisce le posizioni delle stelle – lo abbiamo detto – con una precisione senza precedenti. Viene dunque spontaneo usare questi dati per pianificare l’osservazione di fenomeni transienti, come quelli che tu hai citato. Vorrei aggiungere che questo è uno dei tanti (e non marginali) “sottoprodotti” che una missione coma GAIA ottiene quasi “naturalmente”, considerate le peculiari caratteristiche della sua indagine.

 

Non solo stelle ma anche supernovae: una di queste è stata definita “metallara” dal sito media INAF, e non solo contare le stelle della Via Lattea, ma anche guardare a quelle di fuori nella galassia del triangolo. Insomma GAIA è andata proprio oltre se stessa?

Eh sì, la definizione di “metallara” è forse una estrapolazione un po’ ardita, dei colleghi – peraltro davvero in gamba – di MEDIA INAF, che si occupa di (alta e precisa) divulgazione. La definizione non deve far pensare a niente di “musicale”, piuttosto ad una percentuale anomalmente alta di elementi più pesanti dell’elio, che gli astronomi usano impropriamente chiamare “metalli”. Un altro bel risultato di GAIA, sicuramente! Più in generale, diciamo piuttosto che un po’ ce lo aspettavamo, ed era previsto, che GAIA potesse mettere l’occhio su fenomeni come le supernovae, ed anche ricavare un buon campionamento di ambienti extragalattici. Dopotutto è un “occhio” che lavora al di fuori dell’atmosfera, con un cielo incredibilmente – e stabilmente –limpido. Sul piano pratico, comunque, questi risultati sono importantissimi anche perché ci dicono senza margine di dubbio che GAIA sta lavorando bene, tanto che “buca” la nostra stessa Galassia.  E i dati che arrivano sono di qualità.

 

Nella precedente intervista di qualche anno fa scrivevi: “GAIA potrà certo trovare pianeti all’esterno del nostro Sistema Solare: al termine della missione, intorno al 2018, ci si aspetta un numero di circa 8000 pianeti rilevati, che non è affatto poco!e vediamo che anche i documenti ufficiali ESA si dice che GAIA non punta solo alle stelle ma potrà vedere gli esopianeti (http://sci.esa.int/gaia/58784-exoplanets/)… Fino ad oggi il contatore di questi oggetti è arrivato a circa 3000 (vedi http://exoplanets.org/) soprattutto grazie alla sonda Kepler (https://www.nasa.gov/kepler/discoveries) che da sola è riuscita a scovare più di 2 migliaia di questi oggetti. Ma c’è un punto oscuro: in questo conteggio ufficiale non si parla degli “esopianeti di GAIA”. Ci può chiarire come mai?

 Ottimo argomento, e direi giustissima perplessità, che merita certamente una delucidazione. In effetti, ci aspettiamo molto dall’indagine di GAIA, anche a livello di numero di esopianeti: come accennavo nella nostra precedente chiacchierata, dovremmo essere nell’ordine di alcune migliaia, nel catalogo di GAIA completo e definitivo. Per la precisione, il team GAIA prevede un numero di esopianeti scoperti, a fine missione, che potrebbe essere (con un certo, inevitabile, margine di incertezza) superiore ai ventimila! Caso tutto diverso per Kepler, comunque, che è una sonda espressamente disegnata per la “caccia” agli esopianeti, ed è dunque normale e confortante che abbia effettivamente contribuito già in modo notevole ad arricchire il catalogo degli esopianeti.

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Rappresentazione artistica della stella Trappist-1 con il suo sistema planetario (fonte: NASA/JPL-Caltech) © ANSA/Ansa. Due dei sette pianeti sono nella zona abitabile!

Per GAIA, la questione è semplice: in poche parole, c’è sostanzialmente da avere… un altro po’ di pazienza! Consideriamo che al momento è stato rilasciato appunto solo il primo catalogo (anche se i lavori stanno oramai fervendo per la prossima release), un catalogo che appare, come abbiamo già detto, fortemente limitato – anche se enorme – rispetto ai dati complessivi della sonda.  Nel primo catalogo, inoltre, la maggior parte delle stelle non ha ancora associata l’informazione (decisiva in questo specifico ambito) delle velocità radiali, dunque è da attendersi che con i prossimi rilasci del catalogo – più completi da questo punto di vista – le cose cambieranno drasticamente. E finalmente arriveranno i dati GAIA a rimpolpare il catalogo degli esopianeti!

 

Diciamo che io sono un curiosone … ma anche GAIA mi pare di aver capito che non scherza: anche dentro il sistema solare non smette di guardare … scopre pure gli asteroidi http://sci.esa.int/gaia/58562-challenges-closer-to-home-gaia-s-asteroids/

Ebbene sì, non sei il solo ad essere curioso. Anche GAIA sembra non appagarsi mai  delle cose che scopre, e cerca semrpe altro. In questo caso, l’indagine sulla popolazione di asteroidi potrebbe quasi sembrare un “sottoprodotto” per una sonda del tipo e delle caratteristiche di GAIA (con tutto il rispetto di chi si occupa di asteroidi!), ma è di fatto un settore molto importante, previsto del resto fin dalla fase di progettazione della missione. E non è una cosa da poco. Per capire, dobbiamo ricordare che nel Sistema Solare ci sono più di settecentomila asteroidi già identificati, e circa la metà dovrebbero essere visibili da GAIA durante il suo lavoro di attento scrutinio del cielo. Se poi pensiamo che ogni asteroide porta con sé preziosi dati riguardo al suo ambito di formazione, ecco che possiamo iniziare a comprendere come questo specifico settore di ricerca sia realmente preziosissimo, per la corretta e completa ricostruzione delle diverse fasi evolutive del nostro Sistema Solare. Questi dati serviranno inoltre a realizzare un modello accurato della popolazione asteroidale, di grandissimo valore per la corretta comprensione dell’ambito di spazio a noi più prossimo.

 

Marco credo sia giusto parlare anche del tuo lavoro specifico. Forse il mio riassunto è un po’ profano ma tu ci spiegherai meglio: quando si guarda il cielo notturno, specie se limpido come in alta montagna, i nostri occhi possono vedere quella banda che gli antichi hanno chiamato via Lattea: essa sembra tagliare il cielo in due. Da astronomo dilettante so che quelle sono le luci del centro della nostra galassia… e se non vado errato, mi pare di aver capito che quando GAIA punta a queste regioni densamente popolate (specialmente in direzione del disco galattico, e del nucleo) dove le stelle sono cosi tante che a noi uomini sarebbe difficile il solo contarle, le cose si facciano ardue anche per una sonda così attrezzata… il tuo compito è quello di risolvere la situazione, tanto che hai insegnato a GAIA, con un algoritmo, a distinguere le diverse stelle in zone particolari chiamate “ammassi stellari”. Come si scrive un algoritmo per una sonda spaziale? Qual’è stata la sfida dal punto di vista tecnico?

Caro Marco, il tuo riassunto “profano” è sostanzialmente corretto. Hai davvero messo il dito su quella che è la vera sfida che stiamo affrontando per GAIA. Mappando estese zone della Via Lattea, GAIA si trova sovente –quando punta il disco galattico, certo, ma vale lo stesso anche per il centro degli ammassi globulari – ad inquadrare campi dove la densità di stelle diventa esorbitante, anche per dei rivelatori attrezzati come quelli che ha a bordo GAIA (ricordiamoci che ospita un insieme di ben 106 CCD per un totale di circa 938 milioni di pixel).

gaia_ccd
Il grande piano focale dei 106 CCD di GAIA (http://blogs.esa.int/gaia/2013/10/09/opening-activating-the-gates-of-gaia/)
Gaia-CCD-array-assembly3
Date: 22 April 2011 Satellite: Gaia Depicts: Gaia CCDs integration onto the CCD support structure Location: Astrium, Toulouse, France Copyright: Astrium

La quale, comunque, non è che non si sia pronta per queste situazioni, sia chiaro! Nel caso di profili stellari parzialmente sovrapposti, questi vengono rilevati direttamente dal software di bordo, che nell’inviare a terra la forma spettrale rilevata, ci avverte anche – tramite una analisi dei picchi di luce – che in realtà gli oggetti che concorrono a formare tale profilo sono più di uno.  Il team a cui appartengo, si occupa esattamente di questo: scrivere e perfezionare il software che, ricevuti i profili stellari parzialmente sovrapposti, riesce – sulla base di una serie di modelli e di assunzioni matematiche – a restituire i profili “ripuliti” delle singole stelle, se appena il contesto lo rende possibile. Vorrei aggiungere, che non a caso questo lavoro è di pertinenza dell’Osservatorio Astronomico di Roma, perché proprio qui è nata e si è sviluppata  (con Roberto Buonanno, ora direttore dell’Osservatorio d’Abruzzo, ed altri ricercatori) una solida expertise nel trattamento di campi stellari “affollati”. Proprio da questa esperienza, maturata in lunghi anni di confronto acceso con i dati sempre più precisi, siamo partiti per scrivere un software con cui poter affontare questa specifica impresa.

 

Distogliamo l’attenzione dal lavoro e distendiamo gli animi… ci potresti raccontare qualche aneddoto carino con i tuoi colleghi, quando avete preso lucciole per lanterne … un asteroide per una stella o una stella per una galassia …

 Ah, ma stelle per galassie (e viceversa) è una cosa frequentissima per noi astronomi! Devi sapere che il profilo luminoso di una galassia lontana si può confondere facilmente con quello di una stella, e per questo lavoriamo a sviluppare software sempre più specializzati ed “attenti”. La cosa divertente è che per gli extragalattici le stelle sono proprio le cose “da buttare” (ovvero da individuare e poi rimuovere) mentre per me ed i miei collaboratori è esattamente l’inverso, cerchiamo di “ripulire” i campi osservati dalle galassie che possono esserci nascosti. Ciò che per uno è di valore, per l’altro è quasi spazzatura, e viceversa. Su questo ci scherziamo spesso, in osservatorio. Ma più seriamente, ci fa anche capire quanta informazione è compresa nei dati dei moderni strumenti, e come si possano leggere in tanti modi.

 

Non solo lavoro ma anche casa e famiglia e … letteratura. Sai ho riletto il tuo scritto la bambina e il quasar, un tuo racconto a tema scientifico, in cui narri la storia di una bambina che diventa grande e la mamma che fa di professione l’astronoma e cerca di spiegare in termini semplici il suo lavoro.bambina-quasar

 Sì, caro Marco, hai proprio ragione. Ti confesso anzi che il mestiere di scienziato non è riuscito a portarmi mai troppo lontano dal mio grande amore per la letteratura, e per lo scrivere. Anzi è un “amore” che per anni è corso come sottotraccia a quanto stavo facendo, nel mestiere e nella vita, e poi in tempi più recenti (per vari motivi, anche per una maggiore capacità di potermi guardare dentro e discernere ed assecondare le mie inclinazioni) è venuta fuori in modo più netto e propositivo. In particolare sento una mia personale “chiamata” consistente nel coniugare queste mie diverse anime, cercandone una sintesi coerente. Un tentativo in questo senso è stato il romanzo “Il ritorno”, dove narro delle “peripezie” di ogni tipo (scientifiche, ma anche sentimentali) di uno scienziato che – in un momento particolare di crisi familiare e professionale – si trova ad intraprendere un viaggio. Sempre nella direzione di coniugare scienza e letteratura ci sono i racconti della raccolta – che spero di poter pubblicare presto – “Anita e le stelle”, di cui “La bambina e il quasar” è proprio il racconto di apertura, il primo ad essere stato scritto. Alcuni di questi racconti, in particolare, sono stati diffusi in una scuola media del nord, con ottimi riscontri, ed ora stiamo lavorando in una scuola media statale (ICC Corradini, Vermicino, provincia di Roma), nell’ambito del progetto La Scuola Visionaria, coordinato dalla prof.ssa Carla Ribichini, coautrice del libro onominimo. In questo “laboratori”, i ragazzi leggono i racconti e vi compiono un lavoro, che coniuga l’approccio scientifico con quello linguistico, dove vengono invitati a riflettere sull’universo e sul ruolo dell’uomo in esso, in una prospettiva felicemente unificante, che superi ogni residua tentazione di pensare ad una divisione in “due culture”, ormai totalmente superata dall’evoluzione del pensiero umano. E’ un progetto che ha già dato grandi soddisfazioni in termini di ricettività e partecipazione dei ragazzi, e che ha in un certo grado coinvolto anche i loro genitori. Per come si sta sviluppando, ne sono veramente contento! E’ un conforto grande vedere che la scienza si può coniugare con gli altri sentieri dell’umana sete di conoscenza, e che può ritornare interessante, e stimolante, anche per tanti ragazzi che un domani, magari, saranno chiamati ad occuparsi di quell’universo che a noi, già ora, ci sta regalando tante soddisfazioni. E che è così importante per noi, così legato alla nostra vita di ogni giorno. Proprio come ha scritto un ragazzo della scuola Corradini, con una frase – a mio avviso felicissima – che lega insieme l’ambito del conoscere  e quello dell’agire consapevolmente: Il cielo è qui solo se ogni uomo lo renderà tale.

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